Κυριακή 13 Ιανουαρίου 2008

Thomas Sterns Eliot

Fiori d'alba ............. Mentre tutto l'Oriente intrecciava il rosso al grigio, I fiori alla finestra si volsero verso l'alba, Petalo su petalo, aspettando il giorno, Fiori freschi, fiori appassiti, fiori d'alba. .................... I fiori di stamattina e i fiori di ieri, La loro fragranza aleggia per la stanza all'alba, fragranza di germoglie fragranza di appassimento, fiori freschi, fiori appassiti, fiori d'alba. Thomas Stern Eliot

11 σχόλια:

  1. Thomas Stearns Eliot

    fu uno dei più grandi poeti del Novecento e certamente quello che ha meglio saputo interpretare, con lucida e penetrante bellezza, il tempo della modernità.
    Nacque a Saint Louis nel Missouri nel 1888, si formò ad Harvard e dal 1915 si stabiliì a Londra,
    dove visse fino alla morte, avvenuta nel 1965.

    La sua opera maggiore è La terra desolata, poema pubblicato nel 1922nel quale in uno stile originalissimo
    è compiutamente espressa la drammatica percezione
    della fine di quella visione unitaria del mondo su cui aveva lungamente riposato la coscienza dell'occidente.
    Questo testo è dunque una delle chiavi per capire anche
    la nostra epoca. In esso Eliot mostra la sua vastissima conoscenza della letteratura e cultura dei secoli passati
    e particolarmente di Dante, poeta che lo influenzò anche attraverso Ezra Pound, figura eminente della cultura tra le due guerre e vicino a Eliot durante la stesura
    del poema.

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  2. Oh, non domandare "Che cosa?"
    Andiamo a compiere la nostra visita.
    Nella sala entrano ed escono donne
    parlando di Michelangelo.
    La gialla nebbia che struscia
    il suo dorso sui vetri
    il fumo giallo che struscia
    il suo muso sui vetri
    con la sua lingua leccò
    gli estremi della sera,
    sostò sopra le pozze stagnanti delle fogne,
    si lasciò piovere addosso
    la fuliggine dei camini
    scivolò sulla terrazza
    e improvviso spiccò un balzo
    e vedendo ch'era una bella sera di ottobre
    si arricciò intorno alla casa,
    e cadde assopito.
    E in verità ci sarà ancora tempo
    per il fumo giallo che lambisce la strada
    sfregando la sua schiena contro i vetri
    ci sarà tempo, ancora tempo
    per preparare un volto
    per incontrare i volti che incontri;
    ci sarà tempo per ammazzare e generare,
    tempo per ogni fatica e giorni e mani
    che levano e lasciano cadere
    la domanda sul tuo piatto;
    tempo per te e tempo per me
    e tempo per cento pensamenti
    e un centinaio di visioni e revisioni
    prima di prendere un toast e un tè.
    Nella sala entrano ed escono donne
    parlando di Michelangelo.

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  3. E certamente ci sarà tempo
    di domandarsi "posso osare?"
    e, "posso osare?"
    tempo di volgersi e scender la scala
    con un poco di chierica
    in mezzo ai miei capelli,
    (diranno "come si sono diradati i suoi capelli!")
    il mio vestito da mattino,
    il mio colletto inamidato fino al mento,
    la mia cravatta ricca e modesta,
    ma fissata da un semplice spillo
    (diranno "che esili gli sono diventate
    le braccia e le gambe!")
    potrò osare sobillare l'universo?
    In un attimo solo il tempo
    per decidere e disdire
    ciò che un attimo soltanto invertirà.
    Perché conosciute le ho tutte,
    tutte conosciute: -
    conosciuto le sere, i mattini, i pomeriggi,
    ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
    so delle voci morenti che muoiono in declino
    sotto la musica che viene
    da una stanza più lontana.
    E come potrei pensarlo?
    E ho conosciuto tutti gli occhi,
    tutti conosciuti -
    gli occhi che ti inchiodano in una frase definita
    e quando sono definito, appuntato a uno spillo,
    quando sono trafitto e mi divincolo sul muro
    come allora potrei iniziare
    a sputare i monconi
    tutti dei giorni e delle abitudini?

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  4. E come potrei pensarlo?
    E ho già conosciuto le braccia, tutte conosciute -
    braccia ingioiellate e bianche e nude
    (ma svilite, a una luce di lampada,
    da una scura peluria!)
    É il profumo che emana da un vestito
    che mi fa così digredire?
    Braccia distese su un tavolo,
    o avvolte in uno scialle.
    E come potrei pensarlo?
    E come potrei cominciare?
    ...
    Direi, ho camminato al crepuscolo
    per vicoli stretti
    e ho spiato il fumo che sale da pipe
    d'uomini soli in manica di camicia
    affacciati a finestre?
    Avrei potuto essere un paio di robusti artigli
    che graffiano il fondo di mari silenziosi.

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  5. E il pomeriggio, la sera, dorme così in pace
    accarezzata da lunghe dita,
    assopita... stanca... o solo fingendosi malata,
    distesa sul pavimento, qui fra te e me.
    Potrei allora, dopo il tè e i dolci e i gelati,
    aver tanta energia da forzare alla sua crisi?
    Ma benché abbia pianto e digiunato,
    pianto e pregato,
    nonostante abbia visto il mio capo
    (già un po' calvo)
    su un piatto di portata,
    non sono un profeta - e questo poco importa;
    ho veduto l'attimo della mia grandezza vacillare
    ho veduto l'eterno Galoppino
    porgermi il cappotto e sogghignare
    e a tagliar corto, ero impaurito.

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  6. E ne sarebbe valsa, dopo tutto, la pena,
    dopo le coppe, le marmellate, il tè
    fra le porcellane,
    fra qualche chiacchiera tua e mia
    ne sarebbe valsa la pena nel frattempo
    prender di petto sorridendo l'argomento
    contringere l'universo in una sfera
    sospingerlo verso un'opprimente domanda
    dire "io sono Lazzaro, vengo dall'oltretomba,
    ritorno per narrarvi tutto, vi dirò tutto" -
    se una, assestando un guanciale
    presso il suo capo dicesse:
    "non è per nulla questo che intendevo.
    Non questo, per nulla."
    E ne sarebbe valsa, dopo tutto, la pena,
    ne sarebbe valsa la pena
    dopo i tramonti e i cortili
    e le vie irrorate di pioggia,
    dopo i romanzi, le tazze di tè, dopo gli orli
    delle gonne strascicate sul pavimento -
    e questo e altro ancora? -
    È impossibile dire ciò che penso!

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  7. Ma è come se una magica lanterna
    gettasse la trama dei nervi su uno schermo
    ne sarebbe valsa la pena
    se una, assestando un cuscino
    o gettando via uno scialle,
    e volgendosi alla finestra dicesse:
    "Non è per nulla questo,
    non è questo che intendevo, per nulla"
    ...
    No! Non sono il principe Amleto,
    non era mio destino;
    sono un uno della corte,
    uno qualunque per ingrossare il corteo,
    iniziare una scena o due,
    avvisare il principe;
    facile strumento, senza dubbio,
    ossequioso, contento d'essere utile,
    equilibrato, prudente, preciso;
    pieno di nobili sentenze, ma un po' tardo;
    a volte, in verità, quasi patetico -
    quasi, a volte, il Giullare.

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  8. Sto invecchiando... sto invecchiando...
    Porterò l'orlo dei miei pantaloni arrotolato.
    Scriminerò i miei capelli all'indietro?
    Oserò addentare una pesca?
    Porterò i pantaloni bianchi di flanella
    e camminerò sulla spiaggia.
    Ho udito le sirene cantare, l'una all'altra.
    Non credo canteranno per me.
    Le ho viste al largo, cavalcioni sull'onde
    pettinare i bianchi capelli della risacca
    quando il vento sospinge l'acqua bianca e nera.
    Abbiamo troppo indugiato nelle stanze del mare
    con le figlie del mare
    inghirlandate d'alghe rosse e brune
    fin che voci umane ci svegliano, e affoghiamo.

    Traduzione dall'inglese al sardo di Giovanni Falconi,
    adattamento in lingua italiana di Gianmario Lucini

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  9. Ritratto di signora

    Hai fornicato -
    Ma fu in un altro paese,
    E oltre tutto la ragazza e' morta.
    L'ebreo di Malta


    I
    Fra il fumo e la nebbia di un pomeriggio di dicembre
    Tu lasci che la scena si accomodi da sola - e cosμ sembrera' -
    Con un «Ti ho riservato questo pomeriggio»;
    E quattro ceri nella stanza in ombra,
    Quattro cerchi di luce sul soffitto,
    Un'atmosfera da tomba di Giulietta
    Pronta per tutte le cose da dire, o lasciate non dette.
    Noi siamo stati, diciamola, ad ascoltare l'ultimo polacco
    Trasmetterci i Preludi coi suoi capelli e le punte delle dita.
    « Cosi intimo, questo Chopin, che penso la sua anima
    Dovrebbe farsi risorgere solo fra amici
    Non piu' di due o tre, che non tocchino il fiore
    Gia' sgualcito e discusso nelle sale da concerto. »
    - E cosi la conversazione scivola
    Fra velleita' e rimpianti con cura contenuti
    In mezzo a toni lievi di violini
    Confusi a remote connette
    E comincia.

    «Tu non lo sai quanto gli amici vogliono dire per me
    E quanto raro, quanto raro e strano sia per me trovare
    In un a vita fatta di tante avversita' e di tanti scopi
    (Perche' davvero non mi piace... lo sapevi? non sei cieco!
    E come sei acuto!)
    Poter trovare un amico che abbia queste qualita',
    Che abbia, e dia
    Le qualita' sulle quali l'amicizia vive.
    Quanto per me significhi che io te lo ripeta -
    Senza queste amicizie - che cauchemar la vita! »

    Fra le spirali dei violini E le ariette
    Di cornette stridule
    Nel mio cervello ha inizio un tam tam sordo
    Che assurdamente martella un suo preludio.
    Capriccioso monotono
    Che e' almeno una decisa « nota falsa ».
    - Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco,
    Ad ammirare i monumenti,
    A discutere gli ultimi avvenimenti,
    A rimettere l'orologio con gli orologi pubblici.
    Poi a sederci mezz'ora, per bere un bicchiere di birra.

    T. S. ELIOT

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  10. L'aridità spirituale e fisica dell'uomo contemporaneo è il tema di questa poesia di Eliot. Attraverso le immagini di una città degradata, piena di vie sordide e di quartieri miserabili e malfamati, l'autore spietatamente mette a nudo la disumanizzazione del mondo, l'alienazione sociale e il vuoto spirituale provocato dalla civiltà industriale.




    Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock


    Allora andiamo, tu ed io,
    Quando la sera si stende contro il cielo
    Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
    Andiamo, per certe strade semideserte,
    Mormoranti ricoveri
    Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
    E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche;
    Strade che si succedono come un tedioso argomento
    Con l’insidioso proposito
    Di condurti a domande che opprimono…
    Oh, non chiedere “Cosa?”
    Andiamo a fare la nostra visita.

    Nella stanza le donne vanno e vengono
    Parlando di Michelangelo.

    La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
    Il fumo giallo che strofina il muso contro i vetri
    Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
    Indugiò su pozze stagnanti negli scoli,
    lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai
    camini.
    Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
    E vedendo che era una soffice sera d’ottobre
    S’arricciolò attorno alla casa, e cadde in sonno.

    T.S. Eliot

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  11. LIRICA
    Se Tempo e Spazio, come i Saggi dicono,
    sono cose che mai potranno essere,
    il sole che non cede al mutamento
    non è per nulla superiore a noi.
    Così perché, Amore, dovremmo sperare
    Di vivere un secolo intero?
    La farfalla che vive un solo giorno
    È già vissuta per l'eternità.
    I fiori che ti diedi allorchè la rugiada
    Tremolava sul tralcio rampicante,
    prima che l'ape volasse a suggere
    la rosellina di macchia erano già appassiti.
    Così affrettiamoci a coglierne ancora
    Senza tristezza se poi languiranno;
    i nostri giorni d'amore sono pochi:
    facciamo almeno che siano divini.


    T. S. ELIOT

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Ευχαριστώ για την επίσκεψη.
Grazie per la tua Gentilezza.

Lunapiena