Δευτέρα 14 Ιανουαρίου 2008

Στο μονοπάτι που δεν πήραμε.....

Χρόνος παρών καί χρόνος παρελθών
Ισως και οι δυό παρόντες
είναι εις χρόνο μέλλοντα
Κι ο μέλλων χρόνος
έγκλειστος εις χρόνο παρελθόντα.
Εάν ο χρόνος όλος είν' αιωνίως παρών
Ολος ο χρόνος είναι αλύτρωτος.
Ο,τι μπορούσε να ήταν είναι αφαίρεση
Μένοντας μιά διαρκής δυνατότητα
Μονάχα σ' έναν κόσμο εικασιών.
Ο,τι μπορούσε νά ήταν και ό,τι έγινε
Στοχεύουν σ' ένα τέλος
που ειναι πάντοτε παρόν .
Πατήματα αντηχούν μέσα στην μνήμη
Κάτω στο μονοπάτι που δεν πήραμε
Κατά την θύρα που ποτέ μας δεν ανοίξαμε
Προς τον ροδόκηπο.
Οι λέξεις μου αντηχούν
Ετσι στο μυαλό σου.
T. S. Eliot

8 σχόλια:

  1. Αλλά για ποιό σκοπό
    Ταράζοντας την σκόνη σ' ένα κύπελλο με ροδοπέταλα
    Δεν ξέρω.

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  2. Αντίλαλοι άλλοι
    Τον κήπο κατοικούν. Θ' ακολουθήσουμε;

    Γρήγορα εΙπε το πουλί, βρέστε τους, βρέστε τους,
    Γύρω στην γωνιά. Μέσω της πρώτης πύλης,

    Στον πρώτο κόσμο μας, θ' ακολουθήσουμε

    Τήν παραπλάνηση της κίχλης; Στον πρώτο κόσμο μας.
    Εκεί ήταν αυτοί, αξιοπρεπείς, αθέατοι,

    Κινούμενοι χωρίς βιασύνη πάνω απ' τα φύλλα τα νεκρά,
    Στη ζέστη του φθινόπωρου μέσ' απ' το τρέμουλο του αέρα,
    Και το πουλί κελάηδησε σ' απόκριση προς

    Την ανήκουστη την μουσική κρυμμένη μες στην λόχμη ,
    Και διεσταυρώθ' η αθέατη σπίθα-ματιού διότι τα ρόδα
    Είχαν την όψη λουλουδιών που τα ποθούσαν .

    Εκεί φιλοξενούμενοί μας ήταν , δεκτοί και παραδέκτες.
    Ετσι κινήσαμε, κι αυτοί μαζί, στο ίδιο σχέδιο,

    Απ' το άδειο μονοπάτι, στον κύκλο της πρασιάς,

    Να δούμε κάτω μες στην στραγγισμένη στέρνα.

    Στέρνα στεγνή, στεγνό τσιμέντο καστανό στην άκρη,
    Και η στέρνα ήταν γεμάτη με νερό από ηλιόφως,

    Κ' ήσυχα, ήσυχα σηκώθηκε ο λωτός,

    Η επιφάνεια έλαμψε απ' την καρδιά του φωτός,

    Και ήταν πίσω μας καθρεπτισμένοι μες στην στέρνα.

    Τότ' ένα νέφος πέρασε και η στέρνα ήταν άδεια.

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  3. Φύγε, είπε το πουλί διότι τα φύλλα ήταν γεμάτα με παιδιά,
    Παράφορα κρυμμένα, πνίγοντας γέλιο.

    Φύγετε, φύγε, φύγε, είπε το πουλί: Το ανθρώπινο είδος
    Δεν μπορεί ν' αντέξει και πολλή πραγματικότητα.

    Χρόνος παρελθών και χρόνος μέλλων

    Ο,τι μπορούσε να είχε γίνει κι ό,τι απέγινε

    Στοχεύουν σ' ένα τέλος, πού είναι πάντοτε παρόν .



    T. S. Eliot
    Μετάφραση:Αριστοτέλης Νικολαϊδης.
    Εκδόσεις:Κέδρος

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  4. Il Canto dell'amore

    Allora andiamo, tu ed io,
    Quando la sera si stende contro il cielo
    Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
    Andiamo, per certe strade semideserte,
    Mormoranti ricoveri
    Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
    E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
    Strade che si succedono come un tedioso argomento
    Con l'insidioso proposito
    Di condurti a domande che opprimono...
    Oh, non chiedere « Cosa? »
    Andiamo a fare la nostra visita.

    Nella stanza le donne vanno e vengono
    Parlando di Michelangelo.

    La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
    Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
    Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
    Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
    Lasciò che gli cadesse sulla schiena
    la fuliggine che cade dai camini,
    Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
    E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
    S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.

    E di sicuro ci sarà tempo
    Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
    Strofinando la schiena contro i vetri;
    Ci sarà tempo, ci sarà tempo
    Per prepararti una faccia
    per incontrare le facce che incontri;
    Ci sarà tempo per uccidere e creare,
    E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
    Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
    Tempo per te e tempo per me,
    E tempo anche per cento indecisioni,
    E per cento visioni e revisioni,
    Prima di prendere un tè col pane abbrustolito

    Nella stanza le donne vanno e vengono
    Parlando di Michelangelo.

    (continua)

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  5. E di sicuro ci sarà tempo
    Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
    Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
    Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
    (Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
    Con il mio abito per la mattina,
    con il colletto solido che arriva fino al mento,
    Con la cravatta ricca e modesta,
    ma asseríta da un semplice spillo -
    (Diranno:
    « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »)
    Oserò
    Turbare l'universo?
    In un attimo solo c'è tempo
    Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà

    Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
    Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
    Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
    Conosco le voci che muoiono con un morente declino
    Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
    Così, come potrei rischiare?
    E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
    Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
    E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
    Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
    Come potrei allora cominciare
    A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni
    e delle mie abitudini? .
    Come potrei rischiare?
    E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
    Le braccia ingioiellate e bianche e nude
    (Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
    E' il profumo che viene da un vestito
    Che mi fa divagare a questo modo?
    Braccia appoggiate a un tavolo,
    o avvolte in uno scialle.
    Potrei rischiare, allora?-
    Come potrei cominciare?

    . . . . . . . . . . . .

    Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
    Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
    D'uomini solitari in maniche
    di camicia affacciati alle finestre?...

    Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
    Che corrono sul fondo di mari silenziosi

    (continua)

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  6. E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
    Lisciata da lunghe dita,
    Addormentata... stanca... o gioca a fare la malata,
    Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
    Potrei, dopo il tè e le paste e, i gelati,
    Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
    Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
    Sebbene abbia visto il mio capo
    (che comincia un po' a perdere i capelli)
    Portato su un vassoio,
    lo non sono un profeta - e non ha molta importanza;
    Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
    E ho visto l'eterno
    Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
    E a farla breve, ne ho avuto paura.

    E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
    Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
    E fra la porcellana e qualche chiacchiera
    Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
    D'affrontare il problema sorridendo,
    Di comprimere tutto l'universo in una palla
    E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
    Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
    Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
    Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
    Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
    Non è questo, per niente. »
    E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
    Ne sarebbe valsa la pena,
    Dopo i tramonti
    e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
    Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè,
    dopo le gonne strascicate sul pavimento
    E questo, e tante altre cose? -
    E' impossibile dire ciò che intendo!
    Ma come se una lanterna magica
    proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
    Ne sarebbe valsa la pena
    Se una, accomodandosi un cuscino
    o togliendosi uno scialle,
    E volgendosi verso la finestra, dicesse:
    « Non è per niente questo,
    Non è per niente questo che volevo dire. »

    (continua)

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  7. E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
    Lisciata da lunghe dita,
    Addormentata... stanca... o gioca a fare la malata,
    Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
    Potrei, dopo il tè e le paste e, i gelati,
    Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
    Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
    Sebbene abbia visto il mio capo
    (che comincia un po' a perdere i capelli)
    Portato su un vassoio,
    lo non sono un profeta - e non ha molta importanza;
    Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
    E ho visto l'eterno
    Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
    E a farla breve, ne ho avuto paura.

    E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
    Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
    E fra la porcellana e qualche chiacchiera
    Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
    D'affrontare il problema sorridendo,
    Di comprimere tutto l'universo in una palla
    E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
    Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
    Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
    Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
    Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
    Non è questo, per niente. »
    E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
    Ne sarebbe valsa la pena,
    Dopo i tramonti
    e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
    Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè,
    dopo le gonne strascicate sul pavimento
    E questo, e tante altre cose? -
    E' impossibile dire ciò che intendo!
    Ma come se una lanterna magica
    proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
    Ne sarebbe valsa la pena
    Se una, accomodandosi un cuscino
    o togliendosi uno scialle,
    E volgendosi verso la finestra, dicesse:
    « Non è per niente questo,
    Non è per niente questo che volevo dire. »

    (continua)

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  8. No! lo non sono il Principe Amleto,
    né ero destinato ad esserlo;
    Io sono un cortigiano, sono uno
    Utile forse a ingrossare un corteo,
    a dar l'avvio a una scena o due,
    Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
    Deferente, felice di mostrarsi utile,
    Prudente, cauto, meticoloso;
    Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
    Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
    E quasi, a volte, il Buffone.

    Divento vecchio... divento vecchio...
    Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.

    Dividerò i miei capelli sulla nuca?
    Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
    Porterò pantaloni di flanella bianca,
    e camminerò sulla spiaggia.
    Ho udito le sirene cantare l'una all'altra.

    Non credo che canteranno per me.

    Le ho viste al largo cavalcare l'onde
    Pettinare la candida chioma dell'onde risospinte:
    Quando il vento rigonfia l'acqua bianca e nera.

    Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
    Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
    Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.

    T.S.Eliot

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Ευχαριστώ για την επίσκεψη.
Grazie per la tua Gentilezza.

Lunapiena