Novembre
Gemmea l'aria il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno e le stecchite piante di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo e cavo al piè sonante, sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo alle ventate, odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate, fredda, dei morti.
G. Pascoli
Bologna, 1 Novembre
ΑπάντησηΔιαγραφήChe fanno là, presso la muta altana,
i crisantemi, i nostri fior, che fanno?
Oh! stanno là, con la beltà lor vana,
a capo chino, lagrimando, stanno.
Pensano che quest'anno sei lontana,
lagrimano che non ci sei quest'anno.
Non torna più! mormora la campana...
Ma le cincie: Sì! Sì! Ritorneranno!
Giovanni Pascoli
Diario autunnale
(1907)
II
ΑπάντησηΔιαγραφήBologna, 2 Novembre.
Per il viale, neri lunghi stormi,
facendo tutto a man a man più fosco,
passano: preti, nella nebbia informi,
che vanno in riga a San Michele in Bosco.
Vanno. Tra loro parlano di morte.
Cadono sopra loro foglie morte.
Sono con loro morte foglie sole.
Vanno a guardare l'agonia del sole.
Giovanni Pascoli
Diario autunnale
(1907)
Novembre
ΑπάντησηΔιαγραφήSento forte la malinconia del tetro autunno.
Osservo dalla finestra,
il color verde cupo dell'erba del prato,
gli alberi spogli gocciolano di fresca rugiada,
i rami rivolti al cielo, come stanche braccia,
sembrano invocare aiuto al grande cielo,
ma invano.
Si ode, perso nella nebbia,
il cigolio di un vecchio aratro,
che lavora caparbio in quei terreni desolati;
triste nenia che echeggia nelle immense vallate.
Stormi di rondini corrono lontane nel cielo,
come se scappassero, via, via lontano,
in cieli remoti, verso miti paesaggi.
Cade sul davanzale, ritmicamente,
una goccia d'acqua.
Questo ticchettio infinito mi assopisce
in una nube di torpore.
La maestra mi chiama.
Tutto svanisce come uno sbuffo di vapore.
Novembre è inoltrato,
presto si fa sera.
Stefano Balletti
Novembre
ΑπάντησηΔιαγραφήGemmea l'aria il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore…
Ma secco è il pruno e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo e cavo al piè sonante,
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.
E' l'estate, fredda, dei morti.
G. Pascoli
LE FOGLIE MORTE
ΑπάντησηΔιαγραφήOh! Vorrei tanto che tu ti ricordassi
dei giorni felici in cui siamo stati amici
quando la vita era più bella
ed il sole più ardente di oggi.
Le foglie morte si raccolgono.
Ti vedi che non l'ho dimenticato
le foglie morte raccolgono
anche i ricordi ed i rimpianti
ed il vento del nord li porta via con sé
nella notte fredda dell'oblio.
Vedi che non ho dimenticato
la canzone che tu mi cantavi.
E' mia canzone che ci somiglia
tu mi amavi ed io ti amavo
e vivevamo insieme
tu che mi amavi ed io che ti amavo.
Ma la vita separa coloro che si amano
dolcemente, senza far rumore
ed il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti non più uniti.
Le foglie morte si raccolgono
i ricordi ed i rimpianti anche
ma il mio amore silenzioso e fedele
sorride sempre e ringrazia la vita.
Ti amavo talmente tanto
che tu eri cosi felice
come vuoi che ti dimentichi
quando la vita era più bella
ed il sole più ardente di oggi.
Tu eri la mia più dolce amica
ma adesso non mi resta che il rimorso
e la canzone che tu cantavi,
sempre, sempre la canterò.
E' una canzone che ci somiglia
tu mi amavi... ed io ti amavo
e vivevamo insieme
tu che mi amavi... ed io che ti amavo.
Ma la vita separa coloro che si amano
dolcemente, senza far rumore
ed il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti non più uniti.
Jacques Prevert
....Alla stazione
ΑπάντησηΔιαγραφήin una mattina d'autunno
Oh quei fanali come s’inseguono
accidïosi là dietro gli alberi,
tra i rami stillanti di pioggia
sbadigliando la luce su ’fango!
Flebile, acuta, stridula fischia
la vaporiera da presso. Plumbeo
il cielo e il mattino d’autunno
come un grande fantasma n’è intorno.
Dove e a che move questa, che affrettasi
a’ carri foschi, ravvolta e tacita
gente? a che ignoti dolori
o tormenti di speme lontana?
Tu pur pensosa, Lidia, la tessera
al secco taglio dài de la guardia,
e al tempo incalzante i begli anni
dài, gl’istanti gioiti e i ricordi.
Van lungo il nero convoglio e vengono
incappucciati di nero i vigili,
com’ombre; una fioca lanterna
hanno, e mazze di ferro: ed i ferrei...
freni tentati rendono un lugubre
rintocco lungo: di fondo a l’anima
un’eco di tedio risponde
doloroso, che spasimo pare
E gli sportelli sbattuti al chiudere
paion oltraggi: scherno par l’ultimo
appello che rapido suona:
grossa scroscia su’ vetri la pioggia.
Già il mostro, conscio di sua metallica
anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei
occhi sbarra; immane pe ’l buio
gitta il fischio che sfida lo spazio.
Va l’empio mostro; con traino orribile
sbattendo l’ale gli amor miei portasi.
Ahi, la bianca faccia e ’l bel velo
salutando scompar ne la tènebra.
O viso dolce di pallor roseo,
o stellanti occhi di pace, o candida
tra’ floridi ricci inchinata
pura fronte con atto soave!
Fremea la vita nel tepid’aere,
fremea l’estate quando mi arrisero;
e il giovine sole di giugno
si piacea di baciar luminoso
in tra i riflessi del crin castanei
la molle guancia: come un’aureola
più belli del sole i miei sogni
ricingean la persona gentile.
Sotto la pioggia, tra la caligine
torno ora, e ad esse vorrei confondermi;
barcollo com’ebro, e mi tocco,
non anch’io fossi dunque un fantasma.
Oh qual caduta di foglie, gelida,
continua, muta, greve, su l’anima!
io credo che solo, che eterno,
che per tutto nel mondo è Novembre.
Meglio a chi ’l senso smarrì de l’essere,
meglio quest’ombra, questa caligine:
io voglio io voglio adagiarmi
in un tedio che duri infinito.
Giosuè Carducci
(da Odi barbare, 1889)