Δευτέρα 6 Αυγούστου 2007

Eros e Anima

Ninfa in cerca di luce nel giardino incantato tra gli alberi del bosco, dove Apollo con Dioniso fecero una festa comune dedicata all'Eros divino, ho incontato il tuo squadro la magica forza dell'Amore. Lunapiena

8 σχόλια:

  1. La Passione

    Come si può esprimere la passione
    che brucia il nostro cuore?
    Le parole sono povere
    e il desiderio diventa fiume
    che scorre potente dentro di noi...
    cascata di sentimenti che si libera
    feroce e prepotente..
    non si può più trattenere.

    Come si può esprimere la passione
    che regna nel nostr cuore?
    Le parole hanno un limite
    e il desiderio diventa fuoco
    che bruccia la nostra ragione...
    di cera sembra fatto il nostro cuore
    lambada che piano piano sciogle
    e trema la nostra luce.

    Come si può esprimere la passione
    che occupa ogni spazio del nostro essere
    Non bastano più le nostre risorse...
    e come un isola solitaria, fatta di sabbia,
    in mezzo ad un mare in tempesta...
    una dopo l'altra arrivano le onde
    e il vento minaccia la nostra esistenza
    come si può resistere ancora?

    Lunapiena

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  2. Cercami nei Tuoi sogni...
    Amami nella Tua realta'
    ed io Ti regalerò la mia più dolce esistenza
    diventerò per Te la Tua musa divina
    canterò per Te...
    danzerò per Te...
    diventerò la Tua solida Terra
    e il Tuo Mare più bello.
    Giorno e Notte Ti loderò...
    e Tu sarai per me
    il mio adorato Uomo
    un Dio terrestre...
    il mio più bel sorriso
    la mia più dolce Felicita'.

    Lunapiena

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  3. NON SI PUO'

    Non si può strappare il sogno
    è figlio del bisogno e della volontà
    la "penia" è la sua madrigna,
    che trova sempre l'arte di rifare...

    Non si cancella la memoria
    scritta in un mare di nostalgia,
    con il rosso inchiostro di sangue
    di un cuore in attesa, che ama...

    Debole è l'arma dell'oblio
    giocatolo di una mente adulta
    è l'illusione di strapare la storia
    e tradire il fiume del tempo...

    Non cercare la ragione nell'anima
    si nutre solo dal nectar dell'Eros
    e dall'Ambrosia dell'Amore
    che cura ogni ferita del nostro cuore.

    Lunapiena

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  4. "E' un gran dio l'Eros, un dio che merita tutta l'ammirazione degli uomini e degli dei per diverse ragioni, non ultima la sua origine. E' annoverato tra i più antichi dei, e questo è un onore. Di questa antichità abbiamo una prova: l'Eros non ha nè padre nè madre, e nessuno, nè in poesia nè in prosa, glielo ha mai attribuito. Esiodo ci dice che innanzitutto vi fu il Caos, "e la Terra dall'ampio seno, sicura sede per tutti i viventi e l'Eros...".

    E, in accordo con Esiodo, anche Acusilao dice che dopo il Caos sono nati questi due esseri, la Terra e l'Eros.

    Quanto a Parmenide, parlando della generazione dice che "di tutti gli dei, l'amore fu il primo che la dea partorì".

    Così c'è ampio accordo nel dire che l'Eros è uno degli dèi più antichi.

    Essendo così antico, è per noi la sorgente dei più grandi beni. Per me, io lo affermo, non c'è più grande bene nella giovinezza che avere un amante virtuoso e, se si ama, trovare eguale amore in chi si ama. Infatti i sentimenti che devono guidare per tutta la vita gli uomini destinati a vivere nel bene non possono ispirarsi nè alla nobiltà della nascita nè agli onori nè alla ricchezza, nè a null'altro: devono ispirarsi ad Eros. Ora, mi chiedo, quali sono questi sentimenti? La vergogna per le cattive azioni, l'attrazione per le azioni belle. Senza questo, nessuna cittù, nessun individuo potranno far mai nulla di grande e di buono. Così, io lo dichiaro, un uomo che ama, se sorpreso in flagrante a commettere un'azione malvagia o a subire per vigliaccheria, senza difendersi, una grave offesa, soffrirà certamente se a scoprirlo saranno suo padre o i suoi amici o chiunque altro; ma soffrirà molto di più se a scoprirlo sarù il suo amante. Ed è lo stesso per l'amato: è davanti al suo amante, noi lo sappiamo bene, che egli sentirà la più grande vergogna, quando sarà sorpreso a fare qualcosa di cui vergognarsi.

    Se esistesse un mezzo per mettere insieme una città o un esercito fatti solo da amanti e dai loro amici, essi si darebbero certamente il miglior governo che ci sia: allontanerebbero infatti da loro tutto ciò che è cattivo e rivaleggerebbero sulla via dell'onore. E se questi amanti combattessero l'uno di fianco all'altro potrebbero vincere, per così dire, il mondo intero, anche se fossero soltanto un piccolo gruppo, perchè sarebbero molto uniti tra loro. Infatti per un innamorato sarebbe più intollerabile abbandonare i ranghi o gettare le armi sotto gli occhi del suo amante che sotto gli occhi del resto dell'esercito; preferirebbe piuttosto morire cento volte. Quanto ad abbandonare chi si ama, a non aiutarlo in caso di pericolo, nessuno è così vigliacco che l'Eros non riesca a ispirargli una forza divina rendendolo eguale a quelli che per natura hanno grande coraggio.

    Esattamente come in Omero il dio viene a ispirare l'ardore per la battaglia a certi eroi, così l'Eros fa questo dono agli innanmorati, ed essi lo accettano da lui.

    Meglio ancora: morire per l'altro. Soltanto gli amanti accettano questo, non solo gli uomini, ma anche le donne. La figlia di Pelia, Alcesti, ha dato ai Greci un esempio chiarissimo di ciò che dico. Soltanto essa acconsentì a morire per il suo sposo, che pure aveva un padre e una madre. La sua figura si eleva così in alto su di loro per la forza nata dal suo amore da farli apparire estranei al loro stesso figlio, senza altro legame con lui che il nome. Avendo agito in questo modo, il suo gesto è sembrato bellissimo, non solo agli uomini ma anche agli dei. Essi concedono davvero a pochi il privilegio di richiamare in vita la loro anima dal fondo dell'Ade, una volta morti. Ebbere fra tanti eroi, autori delle più belle azioni, concessero questo privilegio proprio ad Alcesti ricordandosi del suo gesto che avevano tanto ammirato. A tal punto gli dei onorano la dedizione e il coraggio al servizio dell'Eros.

    Al contrario essi mandarono via dall'Ade Orfeo, figlio di Eagro, senza ottenere nulla: gli mostrarono soltanto un'immagine della donna per la quale era venuto, senza concedergliela. La sua anima, infatti, sembrava loro debole, perchè altri non era che un suonatore di cetra; non aveva avuto il coraggio di morire, come Alcesti, per il suo amore, ma aveva cercato con tutti i mezzi di penetrare da vivo nel regno dei morti. E' certamente per questa ragione che essi gli hanno inflitto questa punizione e hanno fatto in modo che morisse per mano delle donne. Non hanno agito nello stesso modo con Achille, il figlio di Teti: l'hanno trattato con onore, aprendogli la via per le isole dei beati. Achille infatti, avvertito dalla madre che sarebbe morto se avesse ucciso Ettore, e sarebbe invece tornato al suo paese finendo i suoi giorni da vecchio se non lo avesse fatto, scelse con coraggio di restare al fianco di Patroclo, il suo amante, vendicandolo: scelse non di morire per salvarlo, perchι era già stato ucciso, ma di seguirlo sulla via della morte. Così gli dei, pieni di ammirazione, gli hanno tributato onori eccezionali, per aver posto così in alto il suo amante.

    Eschilo scherza quando pretende che Achille sia l'amante di Patroclo: Achille era più bello non soltanto di Patroclo, ma anche di tutti gli altri eroi messi insieme; era un ragazzo, non aveva ancora la barba, ed era quindi assai più giovane di Patroclo, come dice Omero. Così se gli dei onorano soprattutto questo particolare tipo di coraggio che si mette al servizio dell'amore, essi ammirano, stimano, ricompensano ancor di più la tenerezza del'amato per l'amante che quella dell'amante per i suoi amati. L'amante, infatti, è più vicino al dio dell'amato, perchè un dio lo possiede. Ecco perchι gi dei hanno onorato Achille più che Alcesti, aprendogli la via per le isole dei beati.

    Ecco dunque, io lo dichiaro, l'Eros è tra gli dei il più antico e il più degno, ha i maggiori titoli per guidare l'uomo sulla via della virtù e della felicità, sia in vita che nel regno del'aldilà"

    Fedro (Symposio)

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  5. "Io credo, Fedro, che l'argomento sia mal posto quando ci si domanda semplicemente di fare l'elogio dell'Eros. Se di Eros ve ne fosse uno solo, potrebbe anche andar bene. Ma non è così: non ce n'è uno soltanto, e allora è bene prima spiegare di quale Eros dobbiamo tessere l'elogio. Cercherò dunque, da parte mia, di chiarire le cose su questo punto, di precisare innanzitutto quale amore si debba lodare e quindi pronuncerò un elogio che sia degno di questo dio.

    Tutti sappiamo che non c'è Afrodite senza Eros. Se dunque non vi fosse che una Afrodite, non vi sarebbe che un solo Eros. Ma essa è duplice, e quindi, necessariamente, abbiamo due Eros. Come negare che esistano due dee? L'una, senza dubbio la più antica, non ha madre: è figlia di Urano, e la chiamiamo quindi la dea del cielo, Afrodite Urania;
    l'altra, la più giovane, è figlia di Zeus e di Dione, e la chiamiamo quindi la dea popolare, Afrodite Pandemia.

    E allora necessariamente l'Eros che serve l'una dovrà chiamarsi Eros Pandemio, quello che serve l'altra Eros Uranio.

    Certo, bisogna lodare tutti gli dei; ma, detto questo, qual è il dominio dei due dei? E' questo che dobbiamo provare a dire.

    Ogni azione si caratterizza per questo, che in sè non è nè bella nè brutta. In quello che adesso facciamo, bere, cantare, chiacchierare, non c'è nulla di bello in sè; è piuttosto il modo in cui si compie un'azione a dar questo o quel risultato, e così seguendo le regole della bellezza e della rettitudine un'azione diventa bella, al contrario senza rettitudine diventa brutta. E lo stesso avviene per l'atto d'amore, e quindi non tutto l'amore è bello e degno di elogio: lo è soltanto quello che porta ad amare bene.

    Ora l'Eros compagno di Afrodite Pandemia certo è volgare e opera a casaccio: è proprio degli uomini da poco. Intanto queste persone si innamorano sia delle ragazze che dei ragazzi, indifferentemente; e poi amano i corpi, non l'anima, e preferiscono le persone meno intelligenti: vogliono arrivare dritto al loro scopo, non gl'importa il modo - che sia bello o brutto. Capita quindi che si imbattano nel bene, e capita anche il contrario. Come è ovvio, questo Eros si unisce alla più giovane delle due dee...

    L'altro Eros, invece, partecipa dell'Afrodite Urania....
    e poi è la più antica e non conosce alcun impulso brutale...
    .........................

    Ecco, io credo, come stanno le cose. La faccenda non è per nulla semplice, come ho già detto all'inizio: in se stessa non è nè bella nè brutta. E' bella se le azioni sono belle, è brutta se le azioni sono brutte. E' cosa brutta cedere ad un uomo cattivo e per cattivi motivi; è cosa bella cedere ad un uomo di valore e per bei motivi.

    Ora chi si comporta male è, come prima dicevo, l'amante volgare, che ama il corpo più che l'anima. Non ha costanza, perchè l'oggetto del suo amore è incostante. All'affievolirsi della bellezza del corpo che ama, egli "s'invola e va via", e tradisce senza vergogna alcuna tante belle parole, tante promesse.

    Ma chi ama il carattere di una persona per le sue alte qualità, resta fedele tutta la vita perchè il suo amore riposa su qualcosa di costante. Le nostre regole si propongono di mettere gli uomini alla prova della serietà e dell'onestà, perchè si ceda agli uomini che valgono e si fuggano gli altri. Incoraggiano quindi a sceglier bene tra il cedere e il fuggire, creando delle prove che permettano di riconoscere di che natura sia l'amante, di che natura sia la sua anima.

    Su questo si fonda evidentemente la massima: "a ceder subito c'è da vergognarsi". Più tempo passa, infatti, più si ha la prova, sembra, della serietà dell'amore.

    Una seconda massima, poi, dice che c'è da vergognarsi a cedere per denaro o per averne vantaggi politici, sia che ci si intimorisca di fronte ad un'azione decisa, che rende incapaci di reagire, sia che non si respingano con sdegno le lusinghe della ricchezza e del successo politico: niente di tutto ciò ha l'aria d'essere solido e stabile, e dunque non può venirne alcuna generosa amicizia.

    Non resta dunque, secondo la nostra regola, che una via onesta perchè l'amato possa cedere all'amante. Presso di noi la regola è la seguente: come tra gli amanti non c'è nulla di umiliante nel far di se stessi degli schiavi consenzienti, secondo quella forma di schiavitù che prima dicevo, e non c'è il rischio di essere criticati, nello stesso modo rimane una sola altra forma di schiavitù volontaria che sfugga a ogni critica: quella che ha la virtù come proprio oggetto.
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    Quindi è bellissimo cedere, quando si cede per la virtù. Questo Eros viene dall'Afrodite Urania, ed è davvero divino e prezioso per la città come per gli individui, perchè esige dall'amante e dall'amato che entrambi veglino su se stessi, per essere ricchi di virtù. Quanto agli altri, essi rivelano il legame con l'altra dea, l'Afrodite Pandemia."

    Pausania

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  6. "Io credo, Pausania, che dopo un buon inizio tu non abbia risposto del tutto alle esigenze del soggetto trattato, ed è quindi necessario che io cerchi, da parte mia, di completare il suo discorso. La tua distinzione tra i due tipi di amore mi sembra eccellente.

    Ma essa non riguarda soltanto le anime degli uomini nei loro rapporti con le persone belle; riguarda anche i rapporti tra altri oggetti d'amore, tra altri esseri, che si tratti dei corpi degli animali o delle piante che la terra nutre: in una parola, tutti gli esseri viventi.

    La medicina, la nostra arte, credo mi consenta questa osservazione. Essa permette di vedere che Eros è un grande dio, un dio meraviglioso, e che la sua azione si estende su tutto, sia nell'ordine dell'umano che del divino.

    Comincerò dalla medicina, per fare onore alla mia arte. La natura dei corpi comporta un duplice amore. Ciò che è sano nel corpo è ben diverso e dissimile da ciò che è malato, questo lo ammettono tutti. Ora, il dissimile ama e desidera il dissimile: l'amore che è proprio della parte sana è dunque diverso dall'amore che proprio della parte malata. Dunque, proprio come Pausania diceva che è cosa bella accordare i propri favori agli uomini che se lo meritano ed è cosa brutta cedere ai dissoluti, così quando si tratta dei corpi stessi favorire ciò che vi è di buono e di sano in ciascuno è cosa bella e necessaria, ed è questo che chiamiamo medicina, mentre bisogna rifiutarsi di favorire ciò che è malvagio e malsano, se si vogliono seguire le regole dell'arte.

    La medicina infatti, se vogliamo definirla in una parola, è la scienza dei fenomeni d'amore propri dei corpi, nei loro rapporti con il riempirsi e il vuotarsi, e chi da questi fenomeni sa diagnosticare il buono e il cattivo amore, ebbene questi è il miglior medico. Chi sa operare dei cambiamenti grazie ai quali si acquista un amore al posto dell'altro; chi sa far nascere l'amore nei corpi in cui manca e sa eliminarlo quando è di troppo; ebbene costui è dvvero padrone di quest'arte. Senza alcun dubbio.
    Il medico deve essere capace di ristabilire l'amicizia e il mutuo amore tra gli elementi del corpo che più si odiano. Ora, gli elementi che più si odiano sono quelli contrari: il freddo e il caldo, l'amaro e il dolce, il secco e l'umido, e così via.

    E' per avere saputo mettere l'amore e la concordia tra questi elementi che il nostro antico padre Asclepio - a quel che dicono i nostri poeti, e io lo credo - è il fondatore della nostra arte.

    La medicina è dunque, come dicevo, tutta quanta governata da questo dio. E questo vale anche per la ginnastica e per l'agricoltura.

    Quanto alla musica, non occorre una grande riflessione per vedere che è la stessa cosa. Senza dubbio è questo che vuol dire Eraclito, benchι la sua espressione non sia felice. Egli dichiara infatti che "l'uno in sè discorde con se stesso si accorda, come l'armonia dell'arco e della lira."

    Ora, è molto illogico affermare che l'armonia consiste in una opposizione o che essa è composta da elementi che si oppongono ancora. Ma egli voleva forse dire che a partire da una opposizione originaria, tra l'acuto e il grave, i due elementi in seguito si accordano e l'armonia si realizza grazie alla musica.

    Infatti, se veramente l'acuto e il grave si opponessero ancora, non si vede come potrebbe nascere l'armonia. L'armonia infatti è una consonanza, e una consonanza è una sorta di accordo. Ora, l'accordo di elementi opposti, se permangono opposti, è impossibile, e d'altro canto non può esserci armonia tra ciò che si oppone e non si accorda: nello stesso modo il ritmo nasce dal rapido e dal lento, cioè da elementi all'inizio opposti che in seguito si accordano.

    E come prima la medicina, adesso è la musica che introduce l'accordo tra tutti questi elementi, creando amore reciproco e accordo. E dunque la musica è essa stessa, nell'ordine dell'armonia e del ritmo, una scienza dei fenomeni dell'amore. Ora, se nella costituzione dell'armonia e del ritmo i fenomeni dell'amore possono essere osservati facilmente, questo accade perchè non vi sono due specie d'amore. Ma quando per il pubblico si eseguono ritmi e armonie, sia componendole (in quella che si chiama composizione musicale) sia servendosi a seconda dei casi di composizioni melodiche o metriche composte da altri (in quella che si chiama educazione musicale), allora la cosa diventa difficile e si ha bisogno di un uomo del mestiere, che sia abile.

    Ecco allora tornare il discorso di prima: se bisogna cedere, è bene farlo con uomini dai costumi ben regolati, proprio per migliorarsi quando ancora non si hanno le stesse qualità; l'amore di questi uomini deve essere ben difeso e bisogna quindi rivolgersi all'Eros bello, all'Eros Uranio, quello della Musa Urania.

    L'altro è quello di Polimnia, l'Eros Pandemio, che bisogna offrire con prudenza a chi viene ad offrirlo a noi, in modo da trarne piacere senza strafare;
    è come nella nostra arte, la medicina, che deve saper ben dosare il gusto per la buona cucina, per imparare a goderne senza ammalarsi. Così dunque in musica, in medicina, in tutto l'ordine delle cose divine e umane, è necessario proteggere nella misura del possibile l'uno e l'altro amore, poichè vi si trovano entrambi.

    Anche l'ordine delle stagioni dell'anno è riempito da questi due amori, e quando gli elementi di cui parlavo prima - il caldo e il freddo, il secco e l'umido - incontrano nei loro reciproci rapporti l'amore ben regolato, essi si armonizzano combinandosi nella giusta misura, allora portano l'abbondanza e la sanità agli uomini, agli animali, alle piante, senza causare alcun danno. Ma quando nelle stagioni dell'anno prevale l'amore senza misura, rovina ogni cosa ed è causa di grandi disastri. La pestilenza, infatti, ha origine da questi fenomeni e così le più varie malattie che aggrediscono animali e piante: gelo, grandine, i mali delle piante, provengono dal desiderio senza limiti e misura nelle relazioni reciproche fra questi fenomeni, governate dall'amore.

    C'è una scienza che tratta nello stesso tempo del movimento degli astri e delle stagioni dell'anno: si chiama astronomia.

    Tutti i sacrifici, poi, e tutto ciò che ha a che fare con la divinazione (cioè tutto ciò che mette in comunicazione gli dee e gli uomini) non hanno altro scopo che quello di proteggere l'amore e di guarirlo. L'empietà nasce abitualmente dal non cedere all'amore ben regolato, dal non onorarlo, dal non riverirlo con ogni propria azione, ma dall'onorare l'altro amore, nei rapporti sia con i propri genitori, viventi o morti, sia con gli dei. Questo è il compito assegnato alla divinazione: sorvegliare coloro che amano e guarirli.

    Ed è ancora lei, la divinazione, che permette l'amicizia tra gli dei e gli uomini, perchè essa conosce, nell'ordine degli umani, quei fenomeni d'amore che tendono al rispetto degli dei e alla pietà.

    Questa è la molteplice, l'immensa o piuttosto l'universale potenza che è propria dell'Eros nella sua universalità. E' lui ad agire, con moderazione e giustizia, per produrre delle opere buone, sia tra noi che tra gli dei, con la più grande potenza: ci procura ogni felicità e ci rende capaci di vivere in società, di legare con vincoli di amicizia gli uni con gli altri ed anche con quegli esseri a noi superiori, gli dei.

    Erissimaco

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  7. "A dir la verità, Erissimaco, ho intenzione di parlare diversamente da te e da Pausania. Infatti mi sembra che gli uomini non si rendano assolutamente conto della potenza dell'Eros. Se se ne rendessero conto, certamente avrebbero elevato templi e altari a questo dio, e dei pià magnifici, e gli offrirebbero i pià splendidi sacrifici. Non sarebbe affatto come è oggi, quando nessuno di questi omaggi gli viene reso. E invece niente sarebbe più importante, perchè è il dio più amico degli uomini: viene in loro soccorso, porta rimedio ai mali la cui guarigione è forse per gli uomini la più grande felicità. Dunque cercherò di mostrarvi la sua potenza, e voi fate altrettanto con gli altri.

    Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura della specie umana e quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi andati, infatti, la nostra natura non era quella che è oggi, ma molto differente. Allora c'erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmina.

    Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l'ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. Oggi non ci sono più persone di questo genere.

    Quanto al nome, ha tra noi un significato poco onorevole.

    Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell'unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un pò come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota.

    La ragione per cui c'erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d'entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perchè somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l'essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dei.

    Allora Zeus e gli altri dei si domandarono quale partito prendere. Erano infatti in grave imbarazzo: non potevano certo ucciderli tutti e distruggerne la specie con i fulmini come avevano fatto con i Giganti, perchè questo avrebbe significato perdere completamente gli onori e le offerte che venivano loro dagli uomini; ma neppure potevano tollerare oltre la loro arroganza. Dopo aver laboriosamente riflettuto, Zeus ebbe un'idea.
    "lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sμ che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, cosμ ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri.

    " Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. Quando ne aveva tagliato uno, chiedeva ad Apollo di voltargli il viso e la metà del collo dalla parte del taglio, in modo che gli uomini, avendo sempre sotto gli occhi la ferita che avevano dovuto subire, fossero più tranquilli, e gli chiedeva anche di guarire il resto. Apollo voltava allora il viso e, raccogliendo d'ogni parte la pelle verso quello che oggi chiamiamo ventre, come si fa con i cordoni delle borse, faceva un nodo al centro del ventre non lasciando che un'apertura - quella che adesso chiamiamo ombelico. Quanto alle pieghe che si formavano, il dio modellava con esattezza il petto con uno strumento simile a quello che usano i sellai per spianare le grinze del cuoio. Lasciava però qualche piega, soprattutto nella regione del ventre e dell'ombelico, come ricordo della punizione subìta.

    Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano l'un l'altra, desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d'inazione, perchι ciascuna parte non voleva far nulla senza l'altra. E quando una delle due metà moriva, e l'altra sopravviveva, quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo.

    Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l'uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza.
    E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell'uomo.

    Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perchè quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare.
    ..............

    Queste persone per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straodinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dirti cosa s'aspettano l'uno dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie dell'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza. Se, mentre sono insieme, Efesto si presentasse davanti a loro con i suoi strumenti di lavoro e chiedesse: "Che cosa volete l'uno dalI'altro?", e se, vedendoli in imbarazzo, domandasse ancora:
    "Il vostro desiderio non è forse di essere una sola persona, tanto quanto è possibile, in modo da non essere costretti a separarvi nè di giorno nè di notte?
    Se questo è il vostro desiderio, io posso ben unirvi e fondervi in un solo essere, in modo che da due non siate che uno solo e viviate entrambi come una persona sola. Anche dopo la vostra morte, laggiù nell'Ade, voi non sarete più due, ma uno, e la morte sarà comune. Ecco: è questo che desiderate?
    è questo che può rendervi felici?" A queste parole nessuno di loro dirà di no e nessuno mostrerà di volere qualcos'altro.
    Ciascuno pensa semplicemente che il dio ha espresso ciò che da lungo tempo senza dubbio desiderava: riunirsi e fondersi con l'altra anima. Non più due, ma un'anima sola.

    La ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l`ho descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca ha il nome di amore. Allora, come ho detto, eravamo una persona sola; ma adesso, per la nostra colpa, il dio ci ha separati in due persone, come gli Arcadi lo sono stati dagli Spartani. Dobbiamo dunque temere, se non rispettiamo i nostri doveri verso gli dθi, di essere ancora una volta dimezzati, e costretti poi a camminare come i personaggi che si vedono raffigurati nei bassorilievi delle steli, tagliati in due lungo la linea del naso, ridotti come dadi a metà.

    Ecco perchè dobbiamo sempre esortare gli uomini al rispetto degli dei: non solo per fuggire quest'ultimo male, ma anche per ottenere le gioie dell'amore che ci promette Eros, nostra guida e nostro capo. A lui nessuno resista - perchè chi resiste all'amore è inviso agli dei.
    Se diverremo amici di questo dio, se saremo in pace con lui, allora riusciremo a incontrare e a scoprire l'anima nostra metà, cosa che adesso capita a ben pochi.

    Se questo stato è il più perfetto allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene.

    Se dunque vogliamo elogiare con un inno il dio che ci può far felici, è ad Eros che dobbiamo elevare il nostro canto: ad Eros, che nella nostra infelicità attuale ci viene in aiuto facendoci innamorare della persona che ci è piω affine; ad Eros, che per l'avvenire può aprirci alle più grandi speranze. Sarà lui che, se seguiremo gli dei, ci riporterà alla nostra natura d'un tempo: egli promette di guarire la nostra ferita, di darci gioia e felicità.

    Aristofane

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  8. Tutti coloro che hanno già parlato non hanno per nulla, mi sembra, fatto l'elogio del dio.

    Hanno chiamato felici gli uomini per i beni che gli devono, ma chi egli sia esattamente, per aver fatto loro questi doni, ecco questo nessuno l'ha detto. Ora, il solo modo corretto per fare un elogio, qualunque sia l'argomento, è quello di spiegare la natura dell'oggetto del discorso e la natura di ciò di cui è responsabile. E così dobbiamo procedere anche noi nell'elogio dell'Eros: mostrando innanzitutto la sua natura e quindi i doni che ci ha fatto.

    Dichiaro dunque che tra tutti gli dei, esseri felici, l'Eros - mi sia permesso dirlo senza risvegliare la loro gelosia - è il più felice, perchè è il più bello e il migliore. E' il più bello perchè questa è la sua natura. Infatti, mio caro Fedro, è il più giovane tra gli dei. Una grande prova dimostra che quel che dico è vero, e ce la offre lui stesso:

    Eros fugge la vecchiaia, che è rapida, si sa, e ci sorprende prima di quanto dovrebbe.
    L'Eros, è chiaro, la odia e non le si avvicina nemmeno da lontano.
    Ma è sempre in compagnia della giovinezza, le resta vicino.
    Ha ragione il vecchio detto:
    "Il simile cerca il simile".
    Io sono spesso d'accordo con Fedro, ma non trovo giusto dire che Eros sia più antico di Cronos e di Giapeto. Io dichiaro, al contrario, che è il più giovane tra gli dei, che è sempre giovane e che le vecchie lotte tra gli dei di cui parlano Esiodo e Parmenide sono figlie della Necessità, ma non di Eros, se questi poeti hanno detto il vero.

    Infatti gli dei non si sarebbero mutilati l'un l'altro, non si sarebbero messi in ceppi nè fatto tanta violenza se l'Eros fosse stato tra loro. Avrebbero conosciuto invece l'amicizia e la pace, come adesso, nel tempo in cui sugli dei l'Eros stende il suo dominio.

    Dunque, l'Eros è giovane, e non soltanto è giovane ma anche delicato. A lui è mancato un poeta, un Omero, che ne sapesse far vedere la delicatezza.
    Omero dice di Ate che essa è una dea e allo stesso tempo che è delicata, o almeno che lo sono i suoi piedi. Dice: "Son delicati i suoi piedi e non sfiorano il suolo, ella avanza sfiorando le teste degli uomini".
    Un chiaro indice della sua delicatezza, ai miei occhi: la dea non posa i piedi sul duro, ma sul morbido. Utilizzeremo anche noi a proposito dell'Eros lo stesso indizio per affermare che è delicato: non cammina infatti sulla terra, nè sulle teste, che poi tanto morbide non sono, ma si muove e abita in ciò che è piω tenero al mondo. Eros infatti ha stabilito la sua dimora nel cuore e nell'anima degli uomini e degli dei. Ma non senza distinzione in tutte le anime. Se ne incontra una che abbia un carattere duro, fugge via e va ad abitare in quelle in cui trova dolcezza. E' sempre a contatto, coi piedi e con tutto il suo essere, con ciò che tra tutte le cose tenere è più tenero, ed è quindi assai delicato, necessariamente.

    Ecco dunque, l'Eros è il più giovane e il piω delicato degli esseri. E inoltre dobbiamo ricordare la flessibilità della sua forma, perchè non potrebbe andare dappertutto nè passare inosservato quando penetra nelle anime e quando ne esce, se fosse rigido. Dell'armonia, della duttilità della sua natura, ebbene di questo la sua grazia nè dà una prova eclatante, quella grazia che l'Eros possiede in massimo grado perchι tra l'aspetto sgraziato e l'Eros la reciproca ostilità c'è da sempre.

    E che dire della bellezza della sua carnagione? Eros indugia tra i fiori. Su ciò che non fiorisce, sul fiore appassito, nel corpo o nell'anima o in ogni altra cosa, Eros non si posa: ma là dove i fiori e i profumi abbondano, là si posa, là sceglie la sua casa.

    Sulla bellezza del dio basta così, anche se davvero resta ancora molto da dire. Vorrei adesso parlare delle sue virtù.

    Ecco la più importante: Eros non fa nè subisce ingiustizia, non fa torto a nesuno, uomo o dio, e non ne subisce da nessuno, nè uomo nè dio.

    La violenza non ha alcuna parte in ciò che subisce, ammesso che subisca qualcosa, perchè la violenza non ha presa sull'Eros; non ne ha bisogno in tutto quel che fa perchè tutti in tutto si mettono di buon grado al suo servizio. E gli accordi che si fanno di buon grado sono chiamati giusti dalle "leggi, le regine della città".

    E con la giustizia ecco la più grande temperanza. La temperanza, si sa, è dominare piaceri e desideri. Ora, non c'è piacere più grande dell'Eros: se i piaceri inferiori sono dominati dall'Eros, e s'egli li domina, poichè domina piaceri e desideri, allora l'Eros deve essere temperante in massimo grado.

    Quanto al coraggio, "Ares stesso non può lottare contro Eros". Infatti non è Ares che domina su Eros, ma Eros possiede Ares, se è vero che è innamorato di Afrodite, come dicono. Ora colui che si impadronisce di qualcuno, è più forte di lui e chi riesce a possedere un altro che è pieno di coraggio deve avere ancora più coraggio di lui.

    Fin qui ho parlato della giustizia, della temperanza e del coraggio del dio. Rimane la sua scienza e, nella misura della mie forze, devo proprio completare il mio elogio. Innanzitutto, poichè desidero onorare la mia arte come Erissimaco ha fatto con la sua, dirò che il dio è poeta così sapiente che rende poeti gli altri, a sua volta. Ogni uomo infatti diventa poeta quando l'Eros lo possiede, "anche se prima non conosceva le Muse". Questo fatto, è chiaro, deve essere per noi una prova che l'Eros è abilissimo in tutte le arti governate dalle Muse.

    Infatti ciò che non si ha, o non si sa, non lo si può certo dare o insegnare agli altri. Meglio ancora, nella creazione degli esseri viventi, di tutti, chi oserà negare che l'Eros possiede una scienza grazie a cui nascono e crescono tutti i viventi? Osserviamo d'altra parte la pratica delle arti: non sappiamo forse che l'uomo che ha avuto questo dio come maestro diviene celebre e illustre mentre quello che l'Eros non ha nemmeno sfiorato non ha alcun successo? E certo: il tiro con l'arco, la medicina, la divinazione sono delle abilità che Apollo deve al desiderio e all'amore che lo guida; così questo dio può dirsi discepolo dell'Eros, come le Muse lo sono per le arti che portano il loro nome, Efesto per l'arte di forgiare i metalli, Atena per la tessitura e Zeus infine "per il governo degli dei e degli uomini".

    Così tutti i conflitti tra gli dei si sono appianati all'apparire di Eros tra loro, dell'amore per la bellezza, certo, perchè Eros non si lega mai a ciς che θ brutto.
    Ma prima di questo, come ho detto all'inizio, ogni specie di orribili eventi erano accaduti tra gli dei, secondo quanto narrano le antiche storie, perchι regnava la Necessità. Quando poi nacque questo dio, dall'amore per le cose belle nacque ogni bene, per gli dei come per gli uomini.

    Ecco perchè, mio caro Fedro, posso dire che l'Eros è pieno di bellezza e bontà al più alto grado ed è quindi, per tutti gli esseri, la fonte dei più alti beni.

    Vorrei dirlo in versi, questo: l'Eros è il dio che dà
    "la pace agli uomini,
    la calma al mare,
    la tregua ai venti,
    il riposo al dolore".

    E' lui a liberarci dall'odio,
    lui a donarci l'amicizia;
    di tutti i conviti,
    come il nostro adesso,
    è il fondatore;
    nelle feste, nei cori,
    nei sacrifici,
    è lui a farci da guida;
    vi porta la dolcezza,
    allontana ogni rancore, generosissimo di ogni bene,
    non sa cosa sia la malvagità, propizio ai buoni,
    esempio ai saggi,
    ammirato dagli dei,
    è cercato da chi non ha amore, prezioso per chi lo possiede.

    Il Lusso, la Delicatezza,
    la Voluttà, le Grazie,
    la Passione, il Desiderio
    sono i suoi figli.
    E' pieno di attenzione
    verso i buoni
    ma si allonta dai malvagi,
    e nel dolore, nella paura,
    nel desiderio, nel discorso,
    egli è sempre lì,
    pronto a combattere.

    E' il nostro sostegno,
    la nostra salvezza
    per eccellenza.
    E' l'onore di tutti gli dei,
    di tutti gli uomini;
    è la guida più bella,
    la migliore,
    e ogni uomo deve seguirlo, celebrare la sua gloria
    con splendidi inni
    e cantare con lui quel canto
    con cui conquista i cuori
    di tutti gli dei
    e di tutti gli uomini.

    Ecco il mio discorso, carissimo Fedro: che sia la mia offerta al dio! La lieta fantasia e la grave serietà vi hanno avuto ciascuna la sua parte, bilanciate come meglio è stato in mio potere fare."

    Agatone

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Ευχαριστώ για την επίσκεψη.
Grazie per la tua Gentilezza.

Lunapiena