Σάββατο 4 Αυγούστου 2007

Γιώργος Σεφέρης

Μέσα στις θαλασσινές σπηλιές Υπάρχει μια δίψα υπάρχει μια αγάπη Υπάρχει μια έκσταση Όλα σκληρά σαν τα κοχύλια Μπορείς να τα κρατήσεις στην παλάμη σου Μέσα στις θαλασσινές σπηλιές Μέρες ολόκληρες σε κοίταζα στα μάτια Και δε σε γνώριζα μήτε με γνώριζες. Γιώργου Σεφέρη «ΠΟΙΗΜΑΤΑ»,

6 σχόλια:

  1. Τ’ ανθισμένο πέλαγο και τα βουνά
    στη χάση του φεγγαριού
    η μεγάλη πέτρα κοντά
    στις αραποσυκιές και τ’ ασφοδέλια
    το σταμνί που δεν ήθελε
    να στερέψει στο τέλος της μέρας
    και το κλειστό κρεβάτι
    κοντά στα κυπαρίσσια
    και τα μαλλιά σου χρυσά......

    Γιώργου Σεφέρη

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  2. Πάψε πια να γυρεύεις τη θάλασσα και των κυμάτων τις προβιές σπρώχνοντας τα καΐκια
    κάτω απ’ τον ουρανό είμαστε
    εμείς τα ψάρια
    και τα δέντρα είναι τα φύκια.

    Γιώργου Σεφέρη

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  3. Smettila di cercare il mare
    e la pelle delle onde
    spingendo le barche dal cielo
    Siamo pesci e gli alberi son alghe.

    Giorgio Seferis
    (trad. Lunapiena)

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  4. Giorgio Seferis

    1955 , da Giornale di bordo III,

    Elena da Euripide

    "Teucro

    …alla marina Cipro, ove l'oracolo

    d'Apollo disse che abitato avrei,

    che il nome avrei di Salamina all'isola

    posto, in ricordo della patria antica…

    Elena

    Quella è un fantasma: a Troia io non andai…

    Nunzio

    Che dici?

    Le nostre pene fur per una nuvola?"

    (Euripide, Elena - trad. E. Romagnoli)

    "A Platres non ti fanno dormire gli usignoli".

    Usignolo pudico,

    tu doni, nel respiro delle foglie,

    la musica rugiada della selva

    ai separati corpi, all'anima

    di chi sa bene che non tornerà.

    Cieca voce, che tenti,

    nella memoria dove annotta,

    passi e gesti - non oso dire baci -

    e l'amaro tumulto della schiava esacerbata.

    "A Platres non ti fanno dormire gli usignoli".

    Platres! Cos'è? Quest'isola chi la conosce?

    Ho vissuto una vita udendo nomi

    inauditi:

    luoghi nuovi, follie nuove degli uomini

    o degli dei.

    La mia sorte che fluttua

    fra la suprema spada d'un Aiace

    e un'altra Salamina

    m'ha trascinato a questo litorale.

    La luna

    è uscita come Afrodite dal mare:

    ha sbiadito le stelle del Sagittario, mira al cuore

    dello Scorpione, e già tramuta tutto.

    Dov'è la verità?

    Ero anch'io "sagittario" alla guerra:

    il mio destino,

    quello d'un uomo che fallì bersagli.

    Usignolo poetico,

    era così la notte, sulle rive di Pròteo:

    t'udirono le schiave spartane15, e trassero lamento:

    fra loro - chi l'avrebbe detto? - Elena!

    Quella cui lunga caccia demmo sullo Scamandro.

    Era sugli orli del deserto. La toccai, mi parlò:

    "Non è vero" gridava "non è vero.

    Non andai sulla nave azzurra-prora.

    Piede non posi mai sulla gagliarda Troia".

    Altocinta, col sole nei capelli,

    e quel suo portamento,

    ombre e sorrisi ovunque

    sugli omeri sui fianchi sui ginocchi:

    pelle viva, e quegli occhi

    con le palpebre immense,

    era là, sulla proda d'un Delta.

    E a Troia? Nulla,

    nulla a Troia - un fantasma18.

    Volontà degli dei.

    E Paride si giacque con un'ombra

    quasi che fosse cosa salda; e noi

    ci sozzammo per Elena, dieci anni.

    Sulla Grecia piombò grave travaglio.

    Tanti corpi gittati

    nelle fauci del mare, nelle fauci

    della terra, e le anime

    consegnate alle mole, come grano.

    I fiumi si gonfiavano, tra la melma, di sangue

    per un fluttuare di lino, una nuvola,

    per uno scarto di farfalla, una piuma di cigno,

    per una spoglia vuota, per un'Elena.

    E mio fratello?

    Usignolo usignolo usignolo,

    che cos'è dio? cosa non-dio? che cosa

    tra l'uno e l'altro?

    "A Platres non ti fanno dormire gli usignoli".

    Flebile uccello,

    a Cipro baciata dal mare

    che m'evoca - è la mia sorte - la patria

    sono approdato solo, con questa bella favola,

    se è vero ch'è una favola, se è vero

    che l'uomo più non troverà

    l'inganno antico degli dei;

    se è vero

    che a gran distanza d'anni, un altro Teucro

    un altro Aiace, o un Priamo o un'Ecuba o un anonimo

    ignoto, che abbia visto

    tuttavia traboccare di corpi uno Scamandro,

    non abbia questa sorte nel suo fato:

    di sentire arrivare messaggeri

    con la nuova che tanto travaglio, tante vite

    son finite nel baratro

    per una spoglia vuota, per un'Elena".

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  5. La nostra terra

    La nostra terra è chiusa,
    tutta monti,
    notte e giorno per tetto cieli bassi.
    Non abbiamo nè fiumi nè pozzi nè sorgenti:
    poche cisterne vuote,sonanti,venerate.
    Così strano ci pare d'aver saputo un tempo edificare
    case,capanne,stazzi:
    Come nacquero i figli?
    Come crebbero?
    La nostra terra è chiusa.
    Chiusa dalle nere Simplegadi.
    Nei porti,la domenica,
    quando scendiamo a prendere
    un po' d'aria, vediamo rischiararsi nel crepuscolo,
    legni rotti da viaggi interminati,
    corpi che più non sanno come amare.

    G.Seferis
    "poesia dalla Grecia"

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  6. Ulisse
    G. Seferis



    E si presenta ancora innanzi a me il fantasma
    d'Odisseo, gli occhi rossi dal salmastro e da una brama
    matura: rivedere ancora il fumo
    che affiora dal calore della casa e il suo cane invecchiato
    che aspetta sulla porta.

    Sta, gigantesco, e mormora di tra la barba imbianchita parole
    della nostra lingua, quale già la parlavano tremila anni fa.
    Stende una mano incallita dalle gomene e dalla barra,
    con la pelle segnata dal tramontano dall'afa e dalle nevi.

    Sembra che voglia scacciare di mezzo a noi il Ciclope
    titanico, monocolo, le Sirene che dànno, se le ascolti,
    l'oblio, Scilla e Cariddi:
    tanti intricati mostri, che ci tolgono l'agio di pensare
    ch'era un uomo anche lui che lottò
    dentro il mondo, con l'anima e col corpo.

    E il grande Odisseo: colui che disse di fare il cavallo
    di legno - e gli Achei presero Troia.
    M'immagino che venga a insegnarmi come fare un cavallo
    di legno anch'io, per conquistare la mia Troia.
    [...]

    Mi dice l'ardua angoscia di sentire le vele della nave
    gonfie dalla memoria e l'anima farsi timone. Ed essere
    solo, occulto nel buio della notte, a deriva,
    come festuca all'aia.

    L'amaro di vedere naufragati fra gli elementi i cari,
    dispersi: ad uno ad uno.
    E come stranamente ti fai forte a parlare coi morti,
    quando i vivi superstiti non bastano.

    Parla... rivedo ancora le sue mani che sapevano, a prova,
    se la gòrgone di prora era ben fatta
    donarmi il mare senza flutti azzurro
    nel cuore dell'inverno.

    da Poesie, trad. di F. M. Pontani, Mondadori, Milano.

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Ευχαριστώ για την επίσκεψη.
Grazie per la tua Gentilezza.

Lunapiena